Buon giorno e buon inizio settimana. Il drammatico calo dell’audience online (Netflix -35%), dovuto alla bella stagione e alla fine dei lockdown, non ci ha scoraggiato dal tormentarvi con questa NL. A fine luglio i ristoranti dell’Elba avevano già esaurito tutte le scorte di liquori, di vino e di altri generi. Pertanto se preferite uscire per un bicchierino, invece di leggere qualcosa su schermo, noi non ci offendiamo. Vuol dire che siamo parte del nuovo Zeitgeist, che peraltro non ci dispiace.
Questo lunedì una storia leggera, ma emblematica.
La città delle donne
Qualche mese fa sono stato ricoverato d’urgenza in ospedale. Il pronto intervento, arrivato a casa alle due di notte pochi minuti dopo che mia nipote aveva chiamato il 119, era composto da due donne.
Al pronto soccorso erano tutte donne: la dottoressa in servizio mi ha mandato dall’ecografa, una giovane radiologa, che mi ha anche tolto il gel dalla pancia.
I barellieri erano due ragazze, munite di walky-talky che correvano come levriere in una mattinata frenetica. Al reparto mi ha accolto una sorridente dottoressa. Il personale del reparto era per 4/5 femminile. Solo il primario, che non si è mai visto, era un maschio.
La risonanza magnetica era gestita da due giovani donne molto rassicuranti. Quando ho riferito che l’RM l’avevo vista fare solo in Grey’s Anatomy, la dottoressa sì è fatta una bella risata e mi ha informato che è la serie preferita di sua figlia.
L’equipe chirurgica era tutta femminile, almeno quella nel mio campo visivo. Anche l’anestesista era una ragazza. La lettera di dismissione ospedaliera e la terapia me le ha consegnate una dottoressa dal fare molto professionale e deciso. Dovevo fare questo e quello, “altrimenti… zac!”
Ho pensato più volte, “Che bello!, qui siamo nella città delle donne” (Su RaiPlay il film di Fellini). Una sensazione dolce, rassicurante… materna.
Il soffitto di cristallo
Quello che ho vissuto non è certo l’eccezione, ma la regola negli ospedali. Le professioni mediche e farmaceutiche sono declinate al femminile.
In Italia, sotto i 65 anni, i medici donna sono in maggioranza, il 54%. Una quota che sale a uno sbalorditivo 60% per il personale medico under 40. Nelle iscrizioni alle facoltà mediche le donne sopravanzano gli uomini in ragione di due a uno.
Allora si è rotto il soffitto di cristallo? Niente affatto!
Le statistiche sulla carriera sono, a dir poco, deprimenti. In Italia, solo una donna su 50 diventa direttrice di struttura complessa e 1 su 13 responsabile di struttura semplice.
Ma esistono situazioni ancor più deprimenti.
Nell’economia più avanzata del mondo, quando una donna o un gruppo di donne intendono avviare una start-up innovativa nel campo medico-diagnostico o farmaceutico devono arrampicarsi sull’Everest per ottenere la fiducia degli investitori (in genere uomini).
Tutto questo per colpa di Elizabeth Holmes.
Desideri e realtà
Da pochi giorni a San José in California si è aperto il processo a carico di Elizabeth Holmes, fondatrice di Theranos.
Theranos era una start-up che sosteneva essere in grado di consegnare in poche ore, e per poche decine di dollari, il referto di un analisi completa del sangue da una goccia prelevata da un dito.
In realtà Theranos non faceva niente di quello che dichiarava di saper fare, ma la Holmes era abilissima a vendere il sogno.
La questione è piuttosto grave. La Holmes non vendeva like, narrazioni o videogiochi ma era attiva in un servizio basilare nel serissimo campo della diagnostica e della prevenzione medica. Un campo dove non si può andare in giro a contare favole!
Per questa “insostenibile leggerezza” rischia adesso una condanna fino a 20 anni di detenzione, sentenza che potrebbe separarla dal figlio di pochi mesi.
La stampa americana tratta questo processo come quello epocale a carico di O.J. Simpson (serie su Netflix, con Cuba Gooding Jr.). Inoltre, e ti pareva!, è già in produzione una miniserie con Amanda Seyfried. Un libro (in Italia edito da Mondadori) è già sul mercato e circola un docufilm HBO (su Sky).
La star Elizabeth Holmes
Per un paio di anni Elizabeth Holmes è stata la stella più brillante del lucente firmamento della Silicon Valley.
Sembrava Steve Jobs. Aveva lo stesso magnetismo, era audace nel pensiero, professava la religione della segretezza, seduceva gli interlocutori, si abbigliava come lui e lo citava spesso: anche lei voleva cambiare il mondo…, ma con una sola goccia di sangue.
In realtà con Jobs aveva una sola cosa in comune: il campo di distorsione della realtà: moltiplicato, per quattro, tuttavia.
Sleepy (in questo caso) Joe Biden definì il suo progetto “il laboratorio del futuro”. Henry Kissinger, James Mattis, George Shultz erano nel board o sostenitori di Theranos.
Nel 2015 la società arrivò a valere 10 miliardi di dollari.
Poi la bolla scoppiò. Le analisi che Theranos vantava non erano fatte con la sua scatola magica, “umilmente” denominata Edison, ma effettuate in laboratori tradizionali con apparecchiature tradizionali. Anche perché Edison, dal canto suo, consegnava diagnosi inaffidabili e pericolose.
Un giorno il Wall Street Journal alzò il tappo e scoprì che nella botte di Theranos c’era aceto e non l’Amarone che diceva di esserci.
Fu a questo punto che il Dipartimento della Giustizia fece chiudere tutto e aprì una causa giudiziaria a carico della Holmes e del suo socio Ramesh Balwan, conosciuto come “Sunny”.
L’ombra lunga della Holmes
Ora accade che l’ombra della Holmes si allunghi su tutte le trattative tra le start-up mediche a guida femminile e le imprese di capital venture, a guida quasi esclusivamente maschile. Theranos è divenuta una sorta di convitato di pietra.
Erin Griffith del New York Times ha raccolto la testimonianza di molte imprenditrici che sono andate a sbattere nel muro di quella che la giornalista chiama la sindrome di Holmes.
I fondi di ventura, che stanno investendo massicciamente nella diagnostica come ci informa il Financial Times, si tengono a debita distanza dalle proposte che provengano da start-up dirette da donne, specialmente se bionde.
Heather Bowerman, fondatrice di DotLab, un’impresa di diagnostica, ha riferito alla Griffith che, negli incontri con gli investitori, viene esaminata non tanto sul suo progetto, quanto su come esso “si differenzi da Theranos”.
Discorsi di questo genere pare, invece, che non vengano rivolti ai colleghi maschietti che vanno a chiedere soldi con progetti simili.
Una delle intervistate sostiene inoltre che quando deve incontrare degli investitori cambia pettinatura e colore dei capelli, per distinguersi dalla Holmes.
Il precetto culturale della Valle
La storia di Theranos non è solo la storia di una truffa audace, ma anche l’approdo estremo della logica di un ecosistema drammaticamente competitivo e aggressivo che “premia i business audaci e irruenti, con investitori disposti a incoraggiare chi rompa le regole, imbocchi scorciatoie e detesti il fair play” (parole della Griffith).
È il precetto del “siate affamati, siate folli” o del “muoviti rapido e rompi tutto”.
Beth Esponnette, imprenditrice di 33 anni, in un articolo su Tech Crunch ha scritto:
Credo anche che lei [Holmes] fosse convinta di fare la cosa giusta e che seguisse il consiglio universale della Silicon Valley: “Fake it till you make it” (Imbroglia finché non ce l’hai).
Personalmente, penso proprio che quella dell’essere stata vittima del suo sogno sarà alla fine la linea difensiva. È il meme efficace di “Così fan tutte!”
Un momento, però. Perché Travis Kalanick (Uber) e Adam Neumann (We Work) non sono andati a processo come la Holmes? Lo meritavano pure loro!
Prima di andare, un po’ di cose…
Le criptovalute sono in marcia. In El Salvador potete pagare in bitcoin un caffè. Il bitcoin è adesso a corso legale. Le banche centrali di Australia, Singapore, Malesia e Sud Africa hanno varato il Project Dunbar che prevede l’uso di criptovalute emesse dalle banche centrali per pagamenti transfrontalieri.
Metaverso. Per 329 dollari potete acquistare gli eleganti RayBan Stories (ExilorLuxottica) i primi occhiali che incorporano Facebook. Montano, appena visibili, due telecamere, tre microfoni e dei piccoli altoparlanti. Si possono fare foto e filmati da caricare direttamente su Facebook.
Dolce&Gabbana hanno lanciato “Collezione Genesi”, una linea di CryptoPunks, acquistabili solo con token infungibili.
Nella quarta stagione de L’uomo nell’alto castello (appena uscito su Prime) il Metaverso è spiegato molto bene ed è anche la chiave per capire l’intera serie.
Warburg. Chi fosse interessato a visionare i panelli dell’Atlante Mnemosyne con gli appunti dell’autore in originale e in traduzione italiana, può farlo qui.
Post sidolizzato da Tiziano Tanzini che rimane basito a questi discorsi perché il suo Paese, la Germania, per 16 anni ha avuto una premier così brava che il candidato del partito concorrente ha dichiarato che sarebbe stato “un’ottima Cancelliera” (e lo sarà davvero – per il sidolizzante Tanzini).